La Cassazione ha stabilito che l’INPS dovrà calcolare il requisito contributivo in maniera differente. Quali effetti avrà la decisione?
Il nostro ordinamento previdenziale prevede una serie di strumenti per accedere alla pensione anche prima del raggiungimento dei presupposti richiesti per la pensione di vecchiaia, ossia 67 anni di età e 20 anni di contribuzione.
In particolare, gli strumenti maggiormente utilizzati sono la pensione anticipata ordinaria e la Quota 41 per precoci. La prima misura è accessibile con 42 anni e 10 anni di contributi, per gli uomini, e 41 anni e 10 mesi, per le donne, a prescindere dall’età anagrafica. Per Quota 41, invece, servono 41 anni di anzianità contributiva, dei quali almeno 12 mesi versati prima del compimento del diciannovesimo anno di età, e l’appartenenza alla categoria degli invalidi, dei caregivers, dei disoccupati oppure degli addetti a lavori gravosi.
In entrambi i casi, tuttavia, è necessario aver maturato almeno 35 anni di versamenti effettivi, ossia estranei alla cd. contribuzione figurativa. Quest’ultima è riconosciuta, ad esempio, per i periodi di malattia, disoccupazione, servizio militare o civile, maternità. Per la pensione ordinaria, tali contributi possono essere calcolati sia per il raggiungimento del diritto sia per la misura dell’assegno; per la pensione anticipata, però, non è così. Una recente sentenza della Cassazione ha fissato un principio fondamentale in materia.
Finora, l’INPS ha sempre respinto le domande di pensione anticipata o di Quota 41 precoci presentate da coloro che non possedevano almeno 35 anni di contributi effettivi. Di recente, però, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24916 del 17 settembre 2024, ha stabilito che non sono tollerabili limiti al computo dei contributi per il raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata.
Di conseguenza, anche i contributi figurativi vanno considerati validi per accedere alle pensioni anticipate che prevedono il raggiungimento dei 35 anni di contribuzione. I giudici hanno specificato come tale presupposto fosse stabilito per le cd. pensioni di anzianità, abolite dalla Legge Fornero nel 2012. Non può, dunque, essere operante anche nel nuovo sistema pensionistico, anche perché si tratta di misure completamente differenti.
Chiunque decida di andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di versamenti o 41 anni e 10 mesi potrà farlo anche senza la maturazione dei 35 anni di contributi effettivi, perché sarà considerata valida anche la contribuzione figurativa.
Chiariamo, tuttavia, che si tratta solo di una sentenza e non di una modifica legislativa, ma crea un precedente utilizzabile dai lavoratori che intenderanno eventualmente presentare ricorso contro il rigetto della domanda di pensione anticipata dall’INPS.
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