Per ricevere la pensione di reversibilità dovranno essere rispettati precisi parametri reddituali. Scopriamo quali sono.
La pensione di reversibilità è la prestazione spettante ai familiari superstiti di un pensionato deceduto. Per ottenerla, è necessario possedere una serie di requisiti. In particolare, ai sensi della Riforma Dini del 1995, l’ammontare della misura dipende dalla condizione economica dei beneficiari.
Non tutti, infatti, hanno diritto al 100% della pensione di reversibilità. Il coniuge superstite ha diritto al 60% dell’assegno previdenziale percepito in vita dal contribuente. Il figlio unico superstite minorenne, studente o inabile, invece, riceve il 70%; nell’ipotesi di due figli o nipoti superstiti senza il coniuge, viene versato l’80% della pensione del deceduto. Con tre o più figli o nipoti senza il coniuge, infine, spetta il 100% dell’assegno.
Solo nel caso in cui manchino il coniuge, i figli e i genitori, la reversibilità è attribuita ai fratelli o alle sorelle del deceduto, a patto che siano celibi o nubili, inabili al lavoro, a carico del pensionato al momento della morte e non titolari di pensione diretta. Ma, di recente, ci sono state delle modifiche in seguito a interventi della Corte Costituzionale e del legislatore. Vediamo quali sono le ultime novità.
La Corte Costituzionale è intervenuta più volte per chiarire chi sono i beneficiari della prestazione, riconoscendone il diritto a una platea di soggetti più ampia. Nel dettaglio, ha sottolineato che fanno parte dei destinatari diretti e immediati anche i nipoti maggiorenni orfani e inabili al lavoro, a carico del pensionato defunto.
I giudici, inoltre, hanno stabilito che l’importo della pensione, in caso di più redditi, non può essere ridotta di una somma superiore all’importo totale degli stessi redditi aggiuntivi.
Per quanto riguarda il requisito reddituale, sono stati fissati nuovi limiti, superati i quali la pensione di reversibilità viene decurtata. La soglia di riferimento è l’importo del trattamento minimo, rivalutato ogni anno sulla base del tasso di inflazione registrato dall’ISTAT. Considerando che, attualmente, l’ammontare del trattamento minimo è di 598,61 euro, per il 2025, i limiti reddituali saranno seguenti:
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